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I boschi piemontesi paiono tornare graditi all'orso bruno, che ha fatto la sua ricomparsa nella zona della Val Grande, tra Verbano ed Ossola, dove sono stati segnalati avvistamenti di impronte del plantigrado nella neve.
Già nel 2020, dopo la denuncia di un agricoltore che aveva trovato le sue arnie distrutte, un orso bruno adulto venne immortalato a Villadossola da alcune fototrappole posizionate dalla polizia provinciale. Gli indizi portavano tutti ad una predazione da parte dell'animale ed i sospetti furono confermati dalle immagini.
Orso sorpreso dalla fototrappola in Val d'Ossola.
Con tutta probabilità le impronte rinvenute ora appartengono ad uno dei dieci orsi (oppure ad un membro della sua stirpe) che tra il 1999 ed il 2002 furono prelevati dalle foreste slovene per essere reintrodotti in Trentino. Quattro maschi e sei femmine, portati in Italia nella speranza di ripopolare il territorio. Un esperimento che pare riuscito, tant'è che il monitoraggio ha permesso di accertare la presenza di una sessantina di orsi, di cui perlomeno uno si è spinto fino al Piemonte.
L'orso, mammifero onnivoro che apprezza particolarmente la frutta (mele, pere e frutti di bosco) oltre che bulbi, radici, piante, funghi e naturalmente il miele, è un predatore che prima di andare in letargo si nutre con voracità.
Si tratta di un animale selvatico, difficile da incontrare perché teme l'uomo ma che può rappresentare un vero e proprio rischio qualora lo si incontri con i cuccioli, per l'istinto difensivo che contraddistingue ogni madre.
In tal caso, meglio evitare di farsi prendere dal panico ed indietreggiare lentamente, senza voltargli le spalle. Normalmente, così come il lupo, l'orso viaggia per la sua strada e resta a debita distanza dagli umani.
Più semplice invece incontrarlo nei numerosi toponimi diffusi sul territorio valsusino e valsangonese che individuano cime, edifici e fontane.
Pian dell'Orso (Andrea Bassignana).
Ad esempio citiamo il monte Orsiera, vetta principale del gruppo Orsiera-Rocciavrè, ma anche il grosso masso "Ròc dl'Ursi", ricco di incisioni rupestri, che si trova sotto il picco Tana dell'Orso nel vallone della Balma, in val Sangone.
Sul territorio di Villarfocchiardo, a quota 1900 metri, è meta di escursioni il Pian dell'Orso, mentre a monte dei laghi noti come Paradiso delle rane ci si può abbeverare alla Fontana dell'Orso. Per concludere, sulla sterrata che dal Frais sale al Gran Serin, poco a valle del Monte Serra dell'Orso si trova l'edificio noto come Casa Orsiera.
All'orso si ispirano anche molte leggende e tradizioni. La più famosa? Fora l'Ours. Nel primo fine settimana di febbraio, in frazione Urbiano di Mompantero, si celebra la festa tradizionale nota come "ballo dell'Orso" o "Fora l'Ours", miscela di leggenda, culto religioso e folklore.
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Tutto trae spunto dalla narrazione leggendaria di un barbaro, rozzo e ricoperto di peli, che una volta giunto alle pendici del Rocciamelone, dopo aver terrorizzato la popolazione, venne catturato. Poichè non parlava la lingua locale, per farlo integrare nella comunità venne ammansito con vino rosso e poi invitato a ballare con la più bella ragazza del paese.
Oltre che a Urbiano, l'orso fa la sua comparsa anche nella cultura proverbiale. Un noto detto piemontese recita infatti che il 1 febbraio, “se l’orso fa seccare la sua paglia, non esce più per 40 giorni”.
In parole povere significa che, se il giorno di festa il tempo è bello, l'inverno proseguirà per altri 40 giorni. Viceversa, se quel giorno il tempo sarà brutto, la paglia non potrà seccare e quindi la primavera farà presto capolino. Favorendo, proprio come accade all'orso, il risveglio dal lungo letargo invernale.